RECENSIONE a cura di Corradino Cassatt (03/01/2023)
Non è detto che i videogiochi con la visuale in prima persona debbano per forza essere dei frenetici sparatutto. Con un po’ di inventiva si possono proporre dei validi prodotti fuori dagli schemi abituali dell’industria videoludica. Uno di questi è certamente Condemned: Criminal Origins, che immerge il giocatore in una vicenda che ricorda certi film dalle trame inquietanti come Seven o Il silenzio degli innocenti.
Il protagonista è un agente dell’FBI che si trova a indagare su delle feroci uccisioni prive di movente, perpetrate da persone in preda a raptus omicida. Questi episodi diventano sempre più frequenti e non se ne comprendono le cause.
Arrivato sul luogo del delitto per effettuare le opportune indagini, l’agente viene aggredito da un uomo che gli ruba la pistola e con essa uccide gli altri agenti presenti sul posto. Accusato del crimine, non gli resta che fuggire per dimostrare la sua innocenza e arrestare il responsabile di questo come di altri omicidi.
Nel gioco i combattimenti sono piuttosto frequenti e vengono effettuati con oggetti contundenti. Questi sono presenti in gran quantità, visto che un semplice bastone poggiato a terra, un tubo sporgente dal muro, persino il braccio di un manichino possono servire allo scopo.
Quando una di queste armi è a portata di mano, compare un piccolo schema che ne elenca le caratteristiche quali robustezza, velocità e danno inflitto. Tali informazione sono in rapporto con l’arma impugnata in quel momento dal giocatore, che può quindi disporre degli elementi necessari per decidere se sostituirla con la nuova o tenere quella che sta utilizzando.
Ovviamente le armi più potenti sono quelle più lente, mentre le più veloci infliggono meno danni. Gli scontri corpo a corpo consistono nell’alternanza di colpi diretti e di parate, effettuabili rispettivamente col pulsante sinistro e destro del mouse.
La posizione di parata viene mantenuta solo per pochi istanti, va perciò effettuata col giusto tempismo. Per la mia esperienza di gioco posso tranquillamente affermare che è possibile colpire facilmente l’avversario con le armi più lente, calcolando bene i tempi tenendo conto della velocità del suo assalto; perciò, la distinzione tra armi veloci e lente non mi sembra particolarmente rilevante.
Nel corso della partita ci si imbatte anche in armi da fuoco. Queste però vanno usate con parsimonia perché sono particolarmente rare e una volta esaurite le munizioni, non ottenibili in nessuna maniera, possono solo essere usate come oggetti contundenti. L’intelligenza dei nemici è discreta.
Generalmente vanno alla carica, da folli quali sono, incuranti della guardia che in tal modo lasciano scoperta, però spesso si nascondono dietro una copertura per saltar fuori all’improvviso non appena il giocatore si avvicina troppo.
In questo gli viene in aiuto l’oscurità che ammanta gli ambienti in cui ci si muove, che contribuisce a creare una sensazione di angoscia nel giocatore: è vero che i combattimenti non sono difficili (almeno al livello di difficoltà intermedio), ma anche un solo avversario è in grado di uccidere il protagonista con pochi colpi, e la situazione si complica quando si devono fronteggiare più aggressori allo stesso tempo.
Di tanto in tanto, quando ci si trova in determinate scene del crimine, si effettuano dei rilievi con gli strumenti in dotazione alla polizia scientifica. Ce ne sono diversi che individuano macchie di sangue, impronte, particolari odori e altro ancora. Sulla scelta del marchingegno e del momento in cui va utilizzato il giocatore non ha alcun potere decisionale, una scritta in sovrimpressione invita a utilizzarli in determinati frangenti e una volta individuata, la traccia deve essere fotografata e spedita via cellulare a una collega dell’unità scientifica, l’unica che crede all’innocenza del protagonista.
I commenti sull’analisi da lei effettuata consentono di far procedere la trama. Si tratta di una digressione rispetto alle meccaniche action prevalenti nel gioco, che contribuisce a rendere l’azione un po’ più variegata.
Degno di lode è sicuramente il sonoro, non tanto per la qualità dei rumori e della musica, ma per il fatto che contribuisce non poco all’atmosfera inquietante del gioco.
Il lento incedere dei passi, un sospiro in lontananza che diventa più nitido a mano a mano che si avvicina chi lo produce mettono angoscia meglio di una grafica ultra-realistica.
Sono due i principali difetti che ho riscontrato. Innanzitutto, la brevità: dieci livelli si superano in fretta. Ciononostante, in non poche occasioni il mio avanzamento nel gioco è stato rallentato da situazioni in cui non capivo quale fosse la strada per uscire da un determinato ambiente (difetto numero due), dove io setacciavo il livello da cima a fondo in cerca di un cunicolo nascosto, una porta da sfondare con un’accetta, una finestra dalla quale lanciarsi ecc.
In ogni caso Condemned: Criminal Origins è un prodotto godibile, adatto soprattutto a chi cerca un gioco originale e dall’atmosfera ben curata.
ANTEPRIMA a cura di Gruaro (15/04/2006)
Se si parla di Monolith, penso subito a dei giochi piacevoli e divertenti, dei must per ogni vero fps player, ossia Blood, Tron 2.0, No One Lives Forever, Aliens vs predator 2. Ma se mi parlano di Sega incomincio a rabbrividire, la schiena mi si congela pensando ai vari Virtua cop e Daytona convertiti maldestramente per la nostra piattaforma.
E allora cosa pensare di questa conversione? Beh ancora niente visto che è un'anteprima. Proviamo comunque ad analizzare la demo che è stata rilasciata al pubblico, dove siamo un investigatore della FBI che incappa in un serial-killer psicopatico alla " Il silenzio degli innocenti". Vediamo cosa ci offre questo thriller horror convertito dalla Xbox 360.
Fin da subito si nota che Condemned non è un classico fps, o almeno le investigazioni che dobbiamo fare all'inizio ci potrebbero far pensare così. Dobbiamo rilevare alcuni cadaveri e inviare le prove trovate via cellulare ad un nostro collega in centrale, dove le analizzano per dirci come proseguire.
Dopo aver fatto ciò proseguiamo nella ricerca nell'edificio. E da qui in poi ritorniamo all'fps puro con pistola o in alternativa con armi bianche raccolte in giro: tubi, travi di legno chiodate, asce da pompiere. In questo frangente dobbiamo esplorare alcune stanze totalmente buie, più buie di doom 3, con in una mano una torcia e nell'altra l'arma. Il buio più buio fa sembrare Doom 3 una spiaggia d'estate a mezzogiorno quando picchia il sole. Forse ho esagerato diciamo che è buio quanto e se non di più di Doom 3. Aumentare la luminosità nelle opzioni non è una scelta consigliabile perché si rischia di perdere il pathos che i programmatori hanno voluto dare al gioco.
Un altro titolo che ricorda Condemned è Fear, un po' per le ambientazioni buie, un po' per il contesto horror, un po' per le texture usate. Molto probabilmente perché la Monolith ha sviluppato anche f.e.a.r. Condemned è in certi punti più cupo, più inquietante.
Le animazioni dei nemici che ci assalgono sono molto belle e l'uso da parte loro (ma anche da parte nostra) di armi bianche mi ha ricordato un poco Kingpin. Le armi corpo a corpo oltre che a ferire l'avversario, possono essere usate per parare i colpi dei nemici. L'utilizzo corretto del colpo, della parata e dello sprint (per scappare o attaccare all'improvviso) aiuta molto, specie se si è messi mali come salute..
Dagli screenshot si può notare un buon uso di giochi di luce ed ombra e una grafica molto ben curata. La demo è parsa fluida su sistemi che hanno fatto girare bene F.e.a.r. Ma per ogni ulteriore giudizio è bene aspettare la recensione.
Altri screenshot |