Commento a cura di Francesco Mazzetta (11/01/2006)
Il volume è il secondo della collana “videoludica. game culture” che, sotto la guida di Matteo Bittanti – dottorando in Comunicazione e Nuove Tecnologie presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) di Milano e ricercatore nel settore dei videogame presso l'Università di Stanford (California) – persegue l'obiettivo di studiare i videogiochi non come banale oggetto economico, ma come veri e propri prodotti culturali ed artistici.
“Doom”, in particolare, è dedicato all'omonimo FPS ed all'influenza che esso ha avuto su tutto il genere. I saggi contenuti analizzano il videogioco ed il genere sotto vari punti di vista: grafico/artistici, semiotici, economici, sociologici, ecc. Particolamente interessanti i saggi sul nuovo sport generato dalle sfide in multiplayer e che si stà dirigendo verso il riconoscimento e la sponsorizzazione e sulle modificazioni artistiche realizzate utilizzando i motori di celebri FPS.
Paradossalmente quello che sembra essere maggiormente carente nel volume è l'indagine sulle modalità narrative degli FPS e sulla visione del protagonista all'interno di essi. A proposito del primo elemento occorre rimandare ad un altro volume curato da Bittanti, “Gli strumenti del videogiocare” (sempre pubblicato da Costa & Nolan), in cui lo stesso Bittanti realizza un bellissimo saggio sui videogiochi e in particolare sugli FPS come veicolo delle ideologie, in particolare quelle filo-occidentali e filo-statunitensi. E' da osservare che un gioco non potrebbe assumere tale funzione se non includesse in assoluto un qualche tipo di funzione narrativa che rimandi all'ideologia. Sia che il gioco sia ambientato in Africa (Black Hawk Down), nel Sudest asiatico (Vietcong) o nel Sudamerica (Soldier of Fortune), ad esempio, è chiaro che non ci troviamo di fronte ad una simulazione neutra ma di una narrazione e quindi di un punto di vista, cosa necessaria per poter parlare di ideologia. Per quanto riguarda il secondo punto, potrebbe parere paradossale parlare dell'immagine del protagonista trattandosi di giochi in prima persona, tanto è vero che uno dei saggi presenti nel volume s'intitola “La via della pistola”, ovvero dell'oggetto assolutamente in primo piano che guida l'esplorazione e lo svolgimento (oltre che la sua risoluzione attraverso l'eliminazione dei nemici). Ma è altresì vero che perfino in Doom la visualizzazione del protagonista è tutt'altro che secondaria nell'economia emotiva del gioco: l'icona del marine che si fa sempre più ammaccata e sanguinolenta, ma che è pronta ad esultare quando riesce a raggiungere armi sempre più devastanti è il prodromo per un attento studio dei personaggi, tanto che spesso ci vengono mostrati, o nelle cut-scenes, o in specchi, in modo che il giocatore si identifichi con essi.
Detto ciò, il libro riveste comunque un'importanza assoluta per essere il primo studio su un oggetto che, se è baciato dalla fortuna commerciale, è stato finora ignorato dagli studiosi “seri”, lasciandolo alla critica spesso superficiale e/o prezzolata delle riviste specializzate. Il sommario:
INTRO
Alessandra C.
“Un’epifania”
Massimo Maietti
“Doom, la prospettiva Rinascimentale e la soggettiva videoludica”
Rune Klejver
“La via della pistola. L’estetica dei first person shooter in single player”
Francesco Galofaro
“Interazione nei nuovi media. Il caso degli sparatutto in soggettiva”
Peter Bell
“Realismo e soggettività nei first person shooter”
Barry Atkins
“Presagi di Doom III. Tra le viscere delle prime schermate”
Sue Morris
“WADs, Bots eMods: Gli FPS multiplayer come media co-creativi”
Sam Hinton
“Colpi critici. Riflessioni sull’economia politica dei mods”
Ian Bogost
“Estetiche con il marchio di fabbrica: Alcune implicazioni dei motori di gioco degli FPS”
Philippe Mora & Stéphane Héas
“Dal videogiocatore all’e-sportivo: il gaming online come sport professionale”
Valentina Tanni
“Fraggin’ the art world. L’arte contemporanea e i giochi geneticamente modificati”
Matteo Bittanti
“Media incestuosi: l’orgia/urgenza cinematica di Doom”
OUTRO
Alessandra C.
“Unreal. Sangue, armi e arene”
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