RECENSIONE a cura di Corradino Cassatt (08/08/2021)
Pur essendo il quarto capitolo della serie, Painkiller: Resurrection andrebbe considerato un’espansione del titolo originale, dal momento non presenta innovazioni significative rispetto alla formula adottata dal primo capitolo in poi.
Infatti le armi e i nemici sono rimasti invariati, a essere cambiata è la struttura dei livelli, resi molto più ampi rispetto al passato, tanto che qualcuno ha parlato di fasi esplorative (a sproposito, secondo me).
Per chi non conoscesse la serie Painkiller, si tratta di sparatutto in prima persona ambientati all’Inferno in cui, raggiungendo determinati punti del campo di battaglia, ci si deve difendere dall’assalto di ondate di nemici che attaccano senza usare alcuna strategia, semplicemente caricando a testa bassa.
Ciascun avversario rilascia la sua anima, sotto forma di particella luminosa, quando viene ucciso. Se questa viene raccolta, dona al giocatore un punto di energia vitale.
Ottenendo 66 anime si attiva la modalità demone, che per qualche secondo rallenta il tempo e consente al giocatore di uccidere i nemici con un solo colpo.
Il gioco è composto da appena sei livelli. Anche se questi sono molto grandi e con un numero di nemici che può superare le 900 unità, si arriverà alla fine in un tempo piuttosto breve.
Purtroppo tale ampiezza di spazi è gestita male; spesso il giocatore, dopo aver eliminato un’ondata di demoni, non sa dove andare per proseguire col gioco, perdendo anche parecchi minuti per individuare il punto in cui si materializza l’ondata successiva dei nemici da abbattere.
Siamo passati quindi dal doversi difendere da mostri che spuntano incessantemente da ogni dove , in Painkiller e in Painkiller: Overdose, a doverli stanare per proseguire nel gioco. Questo è un grave difetto di Painkiller: Resurrection, che lo rende il peggior capitolo della serie al momento della pubblicazione.
Nel gioco è presente anche una trama, che non ha particolare attinenza con l’azione mostrata ma va comunque apprezzato lo sforzo di inserirne una. Questa è rappresentata mediante delle tavole a fumetti accompagnate da voci fuori campo e vede come protagonista un certo William Sherman, un sicario a pagamento che, nel corso di un attentato da lui organizzato, uccide per errore delle persone innocenti e per questo finisce all’Inferno.
Da lì dovrà lottare per rimediare alle sue colpe. Ciò porterà a tre finali diversi, che si manifesteranno in base al livello di difficoltà scelto per la partita.
Inutile dire che quello più soddisfacente si otterrà affrontando la sfida più ardua; si tratta però di un’impresa al limite dell’impossibile che vi sconsiglio di intraprendere, a meno che non vogliate trascorrere diversi mesi effettuando innumerevoli tentativi che vi faranno progredire per piccolissimi passi (quando va bene).
Painkiller: Resurrection è un prodotto che consiglio esclusivamente agli appassionati della serie.
Le meccaniche di gioco sono essenzialmente le stesse. Se si è disposti ad accettare il fatto che in determinati frangenti (piuttosto frequenti) si dovrà girare a vuoto per il livelli in cerca del percorso giusta da seguire, può risultare un’esperienza sufficientemente divertente, ma nulla di più.
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